sabato 16 gennaio 2010

Io, Robot

Accompagnato all’uscita in america da critiche feroci ma graziato da ottimi incassi, il film di Proyas, a dispetto di pregiudizi e valutazioni frettolose, si propone come tassello piccolo ma significativo nella cinematografia robotica, dimostra di essere un film dotato un una certa fantasia nella messa in scena e meno caotico e baraccone di quanto potrebbe sembrare ad una prima fugace occhiata.
Molti temi importanti purtroppo, vengono appena accennati: che ne sarà della forza lavoro operante nei settori ad alto tasso di rischio o fatica una volta che la stessa sarà sostituita da macchine? Cosa potrebbe succedere se le macchine acquistassero autocoscienza? Fino a che punto può e deve spingersi l’innovazione tecnologica? La sceneggiatura di Vintar (responsabile di Final Fantasy: The Spirits Within, cosa che di certo non depone a suo favore) riesce a mixare in maniera abbastanza convincente i diversi registri, ponendo il film a metà tra classici action movie tutta forma e poca sostanza come Terminator e sequel e pellicole di spessore contenutistico maggiore come il misconosciuto L’uomo bicentenario. Gli effetti speciali, curati dalla Weta, assurta agli onori della cronaca per lo splendido lavoro fatto con la trilogia dell’Anello, sono curati e spettacolari anche se in alcune scene (per esempio quella che vede la ricerca da parte di Smith del robot senziente tra file e file di suoi comprimari “normali”), si nota un po’ troppo l’uso di computer grafica con conseguenze visibili anche ad occhi non particolarmente esperti. Eccellente invece l’animazione facciale di Sonny, robotico co-protagonista, drammaticamente più espressivo dei suoi compagni in carne ed ossa.





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