sabato 16 gennaio 2010

Tony Manero

Siamo nel 1979, a Santiago del Cile, in pieno regime di Pinochet: Raùl Peralta, ossessionato dal protagonista del famoso film con John Travolta, passa il tempo a imitarne passi e movenze in uno spettacolo di danza che si tiene ogni sabato in un night-club di periferia. Lo stato di alienazione nel quale si trova a vivere il protagonista, deciso a tutto pur di poter vivere come il suo mito, lo porta a compiere crimini sempre più efferati e senza senso, che passano però inosservati. La lenta e pregressiva follia di Raul finirà per coinvolgere anche le persone che gli stanno vicine.
Tony Manero è un film di difficile collocazione nei generi classici del cinema contemporaneo e rappresenta un mix folle tra musical, dramma e film di denuncia sociale. Pablo Larraín sceglie una via atipica per mostrare gli orrori della dittatura di Pinochet, puntando sullo smarrimento, la perdita di identità e il naturale cinismo che nasce negli uomini braccati dalla polizia segreta e costretti a vivere senza leggi o certezze. Alcune sequenze lasciano il segno, ma l’aspetto più inquietante di tutta la vicenda, pare suggerire il regista, è il sangue freddo, lo svuotamento di senso morale provato dal protagonista che passa dalla danza all’omicidio senza mostrare dubbi o rimorsi.
Se da un lato è palese la critica al regime di quegli anni, Tony Manero dimostra anche quanto la cultura pop americana abbia influenzato il mondo sudamericano (e non solo), anche in un periodo nel quale la dittatura pareva aver eretto un muro invalicabile tra il Cile e il resto del mondo. Alfredo Castro, vero mattatore, con il suo aspetto “pacineggiante” offre una prestazione notevolissima, tratteggiando un personaggio che assomiglia molto al Bateman di American Psycho, senza però averne in dote la naturale ironia. Bizzarro.





Nessun commento:

Posta un commento