venerdì 22 gennaio 2010

L’uomo Nero

Gabriele Rossetti va a sud, torna al suo paese e al padre ricoverato in un ospedale di provincia. Al capezzale dell’uomo, Gabriele ripensa alla sua infanzia e alla sua relazione col genitore, capostazione ossessionato dall’arte e da Cézanne. Figlio unico di Ernesto e Franca Rossetti, insegnante e casalinga amorevole, Gabriele cresce osservando le manie degli adulti: le infatuazioni corrisposte di zio Pinuccio, le tele rifatte del padre, le conversazioni coi cari defunti della madre. Impressionato da un misterioso uomo nero e affascinato dal fascino impenitente dello zio, Gabriele vive la sua fanciullezza e subisce la frustrazione artistica del padre, ispirata dal pittore impressionista e umiliata da un critico d’arte locale e trombone. In viaggio lungo i binari della vita e del tempo procederà per agnizioni, riconoscendo padre e uomo nero per quello che sono e non per quello che fino ad allora aveva creduto che fossero.
Non è la prima volta e certamente non sarà nemmeno l’ultima che il cinema di Sergio Rubini va a sud, procedendo verso “la terra” d’origine e un riesame del proprio passato. La ricognizione delle proprie radici comincia con il viaggio picaresco di una sposa e procede con Tutto l’amore che c’è, affollato di ricordi ed elementi autobiografici e primo di cinque film (L’uomo nero compreso) in cui Rubini racconta il proprio Sud e la relazione che quello spazio della memoria intrattiene col Nord. Allo stesso modo dell’Amore ritorna (riflessione sulla professione dell’attore e del regista) la camera di un ospedale, in cui si consuma la vita e la degenza del padre di Rubini, diventa osservatorio privilegiato del figlio di Gifuni, diventato uomo da un’altra parte.





Nessun commento:

Posta un commento